Barbara ci dona il racconto del suo secondo parto per dare alla luce la piccola Morgana.

Ringraziamo di cuore tutte le donne che ci regalano le loro intime emozioni, al servizio di altre donne per ispirarle con amore.. Grazie di cuore Barbara, grazie di cuore a tutte!

 

È passata una settimana dalla nascita di Morgana, il cordone è caduto, abbiamo preso con calma nuovi ritmi e sento che è arrivato il momento di raccontare il mio splendido parto ❤️
Arrivo da un pregresso cesareo, non urgente, non necessario, dovuto probabilmente solo al fatto che il mio travaglio è stato indotto, guidato, ingabbiato nel monitoraggio che mi teneva ferma in posizione non comoda per me, spesso da sola per emergenze, necessità…
Senza colpe o accuse, con il senno di poi però il mio primo parto poteva essere “mio” e non un transito a cui ho fatto da figura passiva.
L’ho accettato, ne ho preso atto, ed ora volevo cambiare.
Il cesareo mi ha chiuso alcune porte. Case maternità e percorsi pubblici non contemplano i pregressi cesarei purtroppo, ma ho trovato una ostetrica disponibile a valutare il mio parto, Maria Cristina Baratto.
Insieme abbiamo eviscerato il mio parto di Ginevra, abbiamo letto la cartella clinica, ricostruito il percorso che mi ha fatto arrivare al cesareo e valutato che non c’erano motivi per non pensare ad un parto in casa. E così abbiamo iniziato il nostro percorso.
Ho tante fortune di sicuro. Ho una famiglia allargata che mi aiuta e sostiene, marito e quattro nonni vicini che fanno letteralmente parte della famiglia, hanno cresciuto insieme a noi Ginevra, la nostra prima bimba che ha tre anni e mezzo. E quindi quando ho cominciato a parlarne in casa, a parte qualche dubbio e domanda, ho ricevuto sostegno.
La gravidanza è stata ottima, la dpp era il 19 Ottobre e puntualissima lunedì 18 ottobre ho cominciato a sentire un po’ di contrazioni più intense, per quanto sempre disordinate e lontane, cosa che comunico a Cristina.
Verso le 3 di notte contrazioni più forti e vicine mi svegliano, mi alzo a lasciare dormire marito e bimba e mi metto sulla palla da ginnastica, dondolo, conto la distanza delle contrazioni e valuto che non sono definite, sono onde più forti e più deboli, più fastidio che dolore vero e decido di non telefonare ancora.
Alla mattina parlo con mio marito e di accordo porta la bambina all’asilo e va al lavoro. Non assisterà al parto, non se la sente, si agiterebbe (anche in ospedale era così) e io non ne sarei serena.
Alle 8 chiamo Cristina, ci confrontiamo e decidiamo di aspettare ancora, io intanto provo a dormire perché le contrazioni si stanno distanziando e riesco a farlo a carponi con in cuscino sotto il petto, mi sveglio e mi riaddormento. Dopo un paio di ore diventano decisamente più dolorose e definite e chiamo di nuovo e decidiamo che è quasi ora.
Cristina e Grazia, la ginecologa che la assiste, arrivano verso le 11, io ho dormito un po’, allestiamo il soggiorno come avevo deciso.
Il divano-letto aperto, rivestito, la vasca di fianco per il momento vuota. Il tavolo a disposizione di fianco e tanti piccoli dettagli di “casa” compreso qualche gioco di Ginevra abbandonato intorno o il suo grembiulino appeso.
Le ore passano… Lente non è la parola giusta forse. O forse sì, ma è una lentezza piacevole, senza fretta, non è quel lento che si trascina e non finisce più, è il lento di un bel viaggio di cui sai la meta.
Faccio pranzo con il risotto avanzato della cena, chiacchieriamo, mi fermo per le contrazioni. Faccio una doccia e poi mi metto a riposare di nuovo sul divano, mentre Cristina e Grazia si preparano pranzo.
Mi sveglio del tutto perché le contrazioni cominciano a non essere gestibili da sdraiata, mi faccio riempire la vasca e ci entro. Le contrazioni cambiano ancora, dopo un po’ sono accaldata ed esco.
Torno sul divano-letto, se prima stavo bene accucciata con un appoggio, ora invece sento il bisogno di stare a carponi. Cambio posizione, trovo quella migliore ogni volta, il sottofondo è di Grazia che fa a maglia, Cristina che legge, i piccoli rumori familiari del cortile, le voci dei vicini che chiacchierano attutite dai muri spessi e le finestre chiuse, sono rumori di casa.
Non c’è bisogno di parlare, di visitare, di domandare. Ad un certo punto le contrazioni cambiano ancora, si fanno più profonde e tiro fuori la voce.
Fino a quel momento non ne avevo bisogno, ma ora si. E c’è una muta comprensione, io cambio posizione, Cristina e Grazia si alzano con calma e si mettono in movimento. Sono le 15.30 anche se non lo so.
Lentamente proseguono le contrazioni, sono più profonde e nette, sono zero e cento rispetto alle onde disordinate di prima, sento io bisogno di spogliarmi, tolgo la casacca morbida che avevo, i pantaloncini, perfino gli occhiali ed escludo quasi del tutto la vista così, non mi serve.
Il travaglio prosegue, Cristina mi affianca, mi tiene le mani sulla schiena, mi accompagna con la voce e mi concentro su quella, aprendo la bocca come si apre il resto.
Sono le 17 e sento il bisogno di spingere. Non c’è nessuno che mi dice che devo farlo o altro, mi chiedono cosa sento, io mi ascolto. Voglio andare in acqua, torno nella piscina e mi metto a carponi con le mani sullo sgabello. Comincio le spinte, ho un attimo in cui mi faccio trascinare e Cristina mi fa tornare centrata, mi ricorda che non c’è fretta, va bene un poco per volta con calma. Spingo quando sento che devo farlo, smetto quando passa, sento la testa che si fa spazio un centimetro per volta, un passettino per volta ed ad un certo punto voglio cambiare posizione, allungo le gambe avanti, spingo e la testa esce, spingo ed Morgana arriva e la prendo tra le braccia ❤️
Sono le 17.55 e la mia bimba è bellissima, fa piccoli versetti e muove le manine cercandomi. È una bimba grande e lunga, ha lunghe dita con unghie ovali ed un delizioso labbrino inferiore che si succhia leggermente.
Me la tengo addosso mentre esco dalla vasca e mi coprono, guidandomi per spingere ancora un attimo per la placenta, Morgana aiuta attaccandosi al seno.
Mi faccio dare gli occhiali per vederla bene, ci rannicchiamo sotto le coperte, e piano piano Cristina e Grazia sistemano anche intorno per fare arrivare l’impressionabile papà senza che veda sangue e così si conoscono.
Va tutto benissimo, stiamo bene, non ho punti, tutto intatto, delle piccole lacerazioni che ad una settimana sono perfettamente rimarginate.
Morgana si attacca bene, dopo qualche ora taglio io il cordone, Cristina e Grazia restano fino a sera poi vanno accordandoci per il giorno dopo con calma.
Ginevra quella notte dormirà con i miei suoceri e verrà domani mattina e l’incontro tra le due sorelline è dolcissimo, alla fine prendono il seno insieme e poi ci coccoliamo un po’, Ginevra mi imboccherà anche a pranzo ❤️
Mia mamma mi aiuta con le medicazioni finché non riesco a fare da sola.
Ad una settimana mi sento benissimo, sono accudita e coccolata da tutta la famiglia, mi portano i pasti, mi puliscono casa, io e Morgana usciamo in fascia a portare e prendere Ginevra all’asilo, ci coccoliamo.
Con il senno di poi è stata la scelta migliore che potessi fare.
A memoria… Lo rifarei. Ho perfino voglia di riviverlo il parto, non credevo fosse possibile.
Parlando con Cristina mi ha detto che durante le contrazioni, sorridevo.
È vero. Mi sentivo bene. Mi sentivo “giusta”.
Ho voglia di raccontarlo perché non pensavo che il parto potesse essere così, non lo credevo possibile ed ora lo so.
Sono stata lunga nel racconto, lo so. Sono stata lenta e mi sono presa i miei tempi come nel parto. Se avete letto fino qua, vi ringrazio per avermi prestato orecchio, spero con tutto il cuore che anche il vostro parto possa essere come il mio!

Barbara Rivera

28 ottobre 2021

Facebook
Twitter
Instagram