Mi chiamo Laura e la vita mi ha fatto diversi e svariati regali, alcuni previsti, altri del tutto inaspettati.

Quello di cui vi racconto oggi è, per me, uno dei regali della vita più straordinari e carico di
responsabilità che io abbia mai ricevuto:

accompagnare le donne durante i loro mesi di gravidanza.

Tutto pare sia cominciato per gioco, per casualità, ma io non credo che la casualità esista:
credo semmai alla sincronicità di avvenimenti che arrivano e che, se si sanno cogliere nel loro
significato più profondo, possono determinare svolte inaspettate e meravigliose. Ed è proprio
questo il mio caso.

Come molte di noi, sono cresciuta in un ambito dove l’essere donna è relegato a pochi e rigidi
ruoli: ho imparato quindi, come molte di noi, a stare la mio posto a fare la brava bambina fino
all’inevitabile ribellione. Femminismo, lotte, rivoluzioni, sembravano la svolta decisiva verso
un mondo nuovo. Solo più tardi ho capito che l’unica rivoluzione possibile stava nel ritornare
passo dopo passo, verso la vera natura delle cose, verso quella donna selvaggia che sa, verso
la donna saggia che accudisce e custodisce le leggi della natura e non quelle labili e distorte
degli umani.

“Non si potrà mai cambiare la società se non si cambia
il modo di far nascere i propri figli”.
Michel Odent medico ostetrico.

Sono stata come “sospinta” a dedicarmi al tema della nascita, durante un’impegnativa seduta
di rebirthing (chiamato il respiro circolare e consapevole) in uno dei training di formazione
professionale: il dolore, il senso di separazione, il senso di colpa, la gamma di emozioni
tormentose, mi resero cosciente del trauma che può vivere una creatura nel venire al mondo.
Capii quel giorno che molte delle scelte fatte nel corso della mia vita erano state condizionate
proprio da quelle ore di sofferenza reciproca (mia madre e me) intrise di terrore e di sfiducia
di non farcela a uscirne vivi.

Ho rivissuto fin dentro l’ultima cellula del corpo, quel passaggio “dall’acqua” “all’aria” del
mondo, precipitando; ed è proprio lì che nacquero tutte quelle convinzioni che guidarono a
molte delle scelte mortifere della mia vita, solo che io non ne ero consapevole. Questa
scoperta, nel momento molto dolorosa, fu però decisiva e in seguito al dolore, lo smarrimento
e lo sconforto arrivò la morbida sensazione, come una carezza, della rinascita nella mia stessa
vita. Un inizio nuovo che abbozzava la risposta alla domanda “chi sono io veramente?”.

Le impressioni passate si trasformarono e, da quell’istante di grazia, sentii crescere una nuova,
amorevole e confortante consapevolezza di me stessa.

Una consapevolezza che persevera nel suo meticoloso lavoro attraverso un lento risveglio alla
realtà; un pensiero che mi sospinge in uno spazio interiore dove non esiste esperienza positiva
o negativa, bella o brutta, ribelle o conforme, ma solo un’infinita possibilità di scelte in un
campo infinito di amore. Ecco dunque da dove prende forma il progetto di indirizzare la mia
professione ad accompagnare le donne a fare chiarezza in sé stesse durante un tempo
particolare, delicato e importante per la vita: la gravidanza.

Il mio impegno ora è di creare per queste donne opportunità d’incontro innanzi tutto con sé
stesse, grazie ad un percorso di consapevolezza capace di favorire questa trasmutazione
attraverso il ricordo inciso in ogni anima, della Grande Madre, a cui tutti quanti, anche se
inconsapevolmente, apparteniamo.

Nella mia esperienza ho riscontrato che le donne in gravidanza raccontano spesso di vivere
“una strana sensazione”, cioè una percezione diversa della loro realtà quotidiana: durante gli
incontri narrano di avere spesso la sensazione di essere avvolte e protette da una sorta di
bolla” e di sentirsi distaccate dal frastuono e dalla frenesia che le circonda. In quello spazio
nuovo e generalmente mai sperimentato prima (tranne per chi pratica meditazione), tutto
rallenta e contemporaneamente si amplifica: l’intuizione è più forte rispetto ai normali
automatismi quotidiani.

A tal proposito ricordo, con tenerezza la testimonianza del mio maestro sciamano José
Gonsalez, accolto in un villaggio sperduto nel cuore dell’Amazzonia. Josè ci raccontava che la
donna che l’aveva “adottato”, era una guaritrice; “la mama” raccontava a Josè che la parte
energetica delle piante della foresta (la parte invisibile agli occhi), quando passava una donna
incinta, s’inchinava al suo passaggio mentre l’aura delle donne risultava essere molto più
irradiante e luminosa del solito. Lo addestrò a riconoscerla e a portare la sua esperienza in
Europa.

Grazie a questi preziosi insegnamenti ricevuti compresi l’importanza del canto e l’estrema
delicatezza con cui i popoli, cosiddetti primitivi, tengano, a tutt’oggi, in alta considerazione la
nascita di un bimbo e la portatrice di tale progetto.

“Mia nonna era assistita da sua madre, la mia bisnonna che era una guaritrice. Aiutava le donne
a partorire e curava uomini e bestie con erbe e rituali misteriosi, di cui poteva riferire soltanto
che erano “volontà di Dio”… le parole che usava e i gesti che faceva non avevano nessun senso
per le nostre menti logiche… purtroppo mia nonna non ha ereditato il talento intuitivo di sua
madre. La vita l’ha resa scettica. La catena del sapere s’è interrotta.

brano estrapolato dal libro di Elena Skoko, cantante, scrittrice e mamma

Come mai oggi occorre “imparare” a respirare, spingere, rilassarsi?

Il bambino ha davvero bisogno di una guida per trovare la strada dell’utero? Non so dire se
purtroppo o per fortuna dipende ovviamente da quale punto si valuta la questione la risposta
alla domanda è, nella maggior parte dei casi, sì. La Grande Madre, che accoglie e nutre, è ormai
nascosta in qualche luogo dello spazio inconscio delle donne e degli uomini: senza un viaggio
consapevole di crescita interiore personale oggi pare non sia più facile sentirne la presenza e
attivarne i poteri essenziali.

Non voglio qui sostenere la credenza, il luogo comune che si “stava meglio quando si stava
peggio”, ma vorrei soffermarmi un poco a riflettere sul più recente passato culturale della
nascita quello riguardante l’Europa prima delle grandi guerre, prima dell’industrializzazione
e prima della scelta di ospedalizzare il parto quando cioè si nasceva solo in casa. In Italia, in
particolare, nei paesini sperduti esisteva una donna che aiutava nel parto le donne.

Veniva chiamata “comare” o levatrice: erano ostetriche ma anche puericultrici, un po’
assistenti sociali, un po’ psicologhe, talvolta anche ufficiali dell’anagrafe, capaci di instaurare
relazioni empatiche, di fiducia e ascolto. Le nascite di allora erano considerate eventi
straordinari di vita quotidiana, mentre oggi sono definite interventi di routine. Hanno visto
nascere generazioni di bambini che si sarebbero ricordati di loro anche in tarda età.

Strumenti e temi trattati in Accompagnamento alla nascita.

All’inizio del percorso è essenziale per me usare il tempo per creare armonia e familiarità e non
trascuro mai il “farmi conoscere”: raccontando le motivazioni e le finalità del lavoro che stiamo
per intraprendere, raccontando anche ciò che di me, della mia vita, può essere utile a
comprendere lo scopo del nostro incontro. Ho volutamente scritto stiamo, perché ogni volta è
un viaggio di crescita che mi coinvolge in prima persona, aiutandomi a crescere sia come Laura,
sia come professionista. E proprio in quest’ordine direi.

Il corpo cambia, respira, crea: questo genere di lezione ha lo scopo di rendere più consapevole
le donne quanto e come il loro corpo stia cambiando.

Se sono in uno spazio chiuso spesso utilizzo delle pratiche yoga di respiro come attingo spesso
a movimenti ancora più lineari e semplici, come ad esempio camminare liberamente nello
spazio (a volte, se la stagione lo permette, anche fuori) osservando il corpo che si sposta nello
spazio come bilancia il peso che sta cambiando.

Prendi prima coscienza di te stesso poi pensa e agisci.

Ogni pensiero vivente è un mondo in preparazione. Aurobindo

Fin dall’inizio della gravidanza amo e mi diverto molto nel proporre la vocalizzazione dei suoni
a e i o u. Diventa un gioco, uno stimolo a superare la timidezza, l’idea che “chissà cosa pensano
gli altri di me” (specie quando si pratica in piscina in mezzo ad altra gente).

Sono convinta che entrare nei panni del genitore sia la cosa più difficile che ci sia: osservo che
molti credono di dover diventare “seri” a tutti i costi, perdendo così in spontaneità, allegria,
istinto. Troppo ragionamento, poca pancia.

Allora cantare, o ballare, credo sia utile all’adulto perché lo avvicina all’energia del bambino e
permette così di ritrovare una sintonia per mettere i semi di una relazione più empatica con
un altro essere umano.

Il rilassamento profondo.

La pratica che completa ogni incontro, sia a terra come in acqua calda, è il rilassamento; anche
questo si realizza a seconda del gruppo, della persona, della situazione giornaliera,
dello stato d’animo                         di quel momento. È impossibile rilassarsi se, per qualche motivo, si è agitati
e far finta di essere sereni solo in virtù del fatto che ci si sdraia o che si galleggi con dei tubi
nell’acqua, non è certo né possibile né auspicabile.

Per le personalità che tendono al controllo questa fase risulta la più difficile: l’ansia cresce a
mano a mano che si avvicinano al momento del parto, la fretta che tutto sia concluso e al
meglio domina i pensieri, le aspettative e le proiezioni del mondo circostante si fanno sempre
più pressanti, cresce in loro pessimismo e insofferenza a qualsiasi stimolo esterno. In questa
fase l’acqua diventa l’elemento più adatto per facilitare naturalmente lo scioglimento dei
malumori; nel rilassamento l’alleanza con il bambino si consolida e si rafforza la percezione di
essere in grado di farcela.

Gli esercizi in acqua mirano a sperimentare la sensazione del “lasciare che accada”; In queste
semplici pratiche ho cercato di racchiudere le esperienze e le informazioni che ho raccolto nel
corso degli anni da molte donne che, prima di me, hanno accompagnato, sostenuto e amato
altre donne. Bianca sicuramente è stata e ancora lo è, fonte d’ ispirazione e di questo la
ringrazio, come ringrazio tutto ciò che nella vita, nel bene e nel male, ha contribuito a vivere
proprio questo genere di esperienza.

Un ultimo ricordo: molti anni fa ebbi l’opportunità di assistere dal vivo a una conferenza di
Frédérick Leboyer in un teatro svizzero. La sala non era grandissima, il palco era tutto per lui:
lui esalava saggezza e competenza. Ricordo perfettamente la domanda che fece una donna
seduta in prima fila: la risposta di Leboyer l’ho ancora impressa nella memoria.

Dott Leboyer chiese la donna ma in che modo lei fa partorire le donne in ospedale?” Lui la
guardò con uno sguardo carico di dolcezza e rispose:

“Chi partorisce? Io certo non faccio
partorire nessuna, ma è lei che partorisce semmai, con me al suo fianco”.

Articolo donato dall’amica Laura Rubiola alla nostra Associazione, 16 marzo 2022
Laura Rubiola, Counselor e Costellatrice familiare
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